dal sito Nazionale...
Ematologia, stanza 22.
Leggo uno dei miei libri preferiti. È il dhammapada, un testo scritto attorno al primo secolo a.C., ma di origine più antica, di circa due secoli. È una raccolta dei detti del Buddha intorno a varie questioni. E la strofa di oggi è la numero 122, che recita «Non minimizzare una buona azione, non pensare che non avrà conseguenze. Una goccia dopo l'altra riempie la brocca, la serenità a poco a poco si accumula in una mente consapevole»
Leggo questo mentre, in una asettica stanza di ospedale, guardo quattro flebo che gocciolano vita nei corpi di quattro compagni di sventura. Uno sembrerebbe essere il mio. Guardo alcune foto di qualche mese fa. Questo corpo, sorridente, ammicca dalla cima di uno dei picchi delle creste di San Giorgio, itinerario alpinistico che va da Solagna a Camposolagna. E devo chiedermelo, la mia formazione e la mia umana curiosità me lo impongono: come mai? Perché questa colossale differenza tra agosto e dicembre? La prima risposta che mi viene spontaneo darmi è di natura medica. Ti hanno diagnosticato una malattia rara, Giovanni, e piano piano il tuo midollo osseo sta morendo. Cosa vuol dire questo? Il tuo sangue è sempre più povero di globuli rossi, bianchi e piastrine. Quindi non puoi più fare sforzi fisici, perché affatichi il cuore, in ogni caso vai in affanno e ti manca l'aria; non puoi nemmeno rischiare di prendere una botta o di tagliarti, ne moriresti dissanguato, oppure di emorragia interna; non puoi, infine, correre il minimo rischio di infezione, essendo che le tue difese immunitarie sono praticamente azzerate: niente cibi normali, niente strette di mano, abbracci, baci, niente luoghi pubblici o treni, niente che non sia sterile. Mi viene in mente quella canzone di De André, il malato di cuore: «e ti viene la voglia di uscire e provare cosa ti manca per correre al prato, e ti tieni la voglia e rimani a pensare come diavolo fanno a riprendere fiato». Bella storia.
La seconda risposta (preceduta dall'assunzione delle mie dosi quotidiane di antimicotico ed antibiotico) è più articolata. Non credo in Dio, non credo nella provvidenza, non credo nel fato. Sono una persona che non sarebbe del tutto sbagliato descrivere come materialista nel senso originario del termine, come qualcuno, insomma, che non abbia nel trascendente la sua ruota di scorta. Non che sia un facilone, non che sia un uomo di nessuna spiritualità, anzi. Sono solo molto concreto. Se dovessi individuare qualcosa in cui credo, direi che credo fermamente nella causalità, nel legame a volte invisibile tra le cose: quello per cui se vedo fumo immagino fuoco. Quello della logica e della scienza. Plic. Plic. Plic. Sangue altrui gocciola nelle mie vene, sangue che mi tiene vivo e che alimenta il fuoco delle mie domande.